Leggiamo dal vangelo di Matteo cap. 18, 1-7. 1 In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. 7 Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo! Non fate del male ai bambini! Il Natale della GRASSA SOCIETA’… … ma Amal, questo Natale, semmai ne ha conosciuto uno, non ci sarà! Viviamo in un mondo controverso, se nella società cosiddetta “moderna”, dei paesi occidentali, c’è il problema dell’ ”obesità infantile”, in un’altra parte del mondo, una bimba di solo 7 anni è morta letteralmente “di fame”. La stampa e i media mondiali riportano la notizia, il 2 novembre 2018, “ Eʼ morta di fame Amal: la bimba di 7 anni diventata simbolo della guerra in Yemen”, “Amal è morta di fame a soli 7 anni”, “Amal è morta a sette anni. Di fame”. Non sciocchiamoci ma meditiamo!Ecco la foto: Questa foto ha fatto il giro del mondo, provocando reazioni sdegnate e offerte di aiuto ma non le ha salvato la vita irreversibilmente segnata da denutrizione e sofferenza. Era ancora in vita quando la foto è stata scattata dal premio Pulitzer Tyler Hicks, e poi pubblicata sul "New York Times".. Amal è poi deceduta nel campo profughi dove era costretta a vivere. In molti hanno risposto in modo umanitario chiedendo cosa si poteva fare … Amal sta diventando il simbolo della sofferenza di milioni di bambini yemeniti. Minori denutriti, decimati dal colera e da altre malattie facilmente curabili, falcidiati dai continui bombardamenti dei raid aerei della coalizione guidata dall'Arabia Saudita e dai suoi alleati. In Yemen, dove il conflitto si trascina dal marzo del 2015, sono milioni i piccoli che rischiano la stessa tragica fine. Una istantanea che fa malissimo, una speranza di vita che si presenta al mondo con lo sguardo perso, ossa coperte solo da pelle, insetti che si posano sul suo piccolo corpicino ormai incapace di reagire. Ecco l’immagine del dramma che ogni giorno vivono oltre 400mila bambini che soffrono di malnutrizione acuta e oltre 11 milioni di bimbi che hanno bisogno di “assistenza immediata”, queste sono le notizie che fornisce l’ UNICEF. Questi bambini muoiono per una guerra di cui non sanno nemmeno il significato, quella dello Yemen e solo una delle tante, se si pensa a quella Siriana e quelle che si combattono in ogni angolo del globo. Ma quale albero, quale presepio quali luci, …. mettiamo al centro del nostro vivere quotidiano quest’immagine di Amal, che non c’è più. E’ inutile cospargersi il capo di cenere, battersi il petto … per poi rimpinzarsi di ogni cosa … chiudendo gli occhi e il cuore difronte a questi fatti. Siamo pieni dell’egoismo umano, grassi della sua dolce indifferenza. Sono molti anni che è in atto la guerra tra Arabia Saudita e Yemen eppure non se ne sente parlare, a chi fa comodo che nulla si sappia? E’ una guerra civile, ma in gioco ci sono interessi diretti ed indiretti, come diretta è la partecipazione dell’Arabia Saudita, e celati sono gli interessi dell’Iran. Un conflitto che è in atto già dal 2015. Il territorio Yemenita, più che mai diviso, vede anche zone controllate dall’ISIS e Al-Qa’ida, ed è qui che si combatte una guerra molto simile a quella siriana. I paesi ricchi combattono la loro guerra su territori messi sotto sferza da bombardamenti e raid di ogni genere, da una parte paesi dell’etnia sunnita (appoggiati dall’Arabia Saudita), dall’altra gli sciiti (chiamati ribelli) vicini all’Iran. Questo stato di cose sta provocando sofferenze indicibili a coloro che la guerra se la sono vista calare dall’alto “la popolazione civile”! Tutto è bloccato, non giunge più nulla, ne cibo ne medicinali, costringendo 7 milioni di persone alla fame, e come se ciò non bastasse, come sempre accade in queste condizioni, vi è anche l’epidemia di colera che ha provocato la morte di oltre 2.000 persone. Eppure l’Occidente e le Nazioni Unite tacciono di fronte a questa tragedia. Ma perché? Se nel 1990 le due fazioni yemenite, nord e sud, volevano essere un solo stato con capitale San’a, cosa c’era di male… nell’unione di un popolo di un paese? Forse anche nei buoni intenti, si insidia l’animo discriminatorio tra Nord e Sud, l’unione nessuna la vuole, creando così il caos che vede ancora un paese diviso tra nord e sud, un nord Sciita e di conseguenza un sud Sunnita. Ed ecco che la guerra non finisce mai, così la coalizione dei paesi Sunniti capeggiata dall’Arabia Saudita, inizia un bombardamento al nord del paese, siamo nel 2015. Il mondo occidentale e le N.U., riconoscono solo il governo del Sud del paese (?). Ma il nord resiste ed è appoggiato dall’Iran, che è storicamente il più grande stato Sciita. Un nord sfiancato da una sua conflittualità interna, ove il caos e il più assoluto e in tutto questo non vi è via d’uscita e ad aggravare la situazione ci sono i continui bombardamenti ad opera della coalizione araba sunnita. Yemen, lo stato più povero del Medio Oriente, uno stato di morti, civili e militari, morti non solo a causa della guerra ma anche morti letteralmente di fame. Ed è in questo scenario che viveva la piccola Amal, e come lei anche migliaia di altri bambini inermi. Si concretizza un pensiero cattivissimo: il blocco voluto dall’Arabia Saudita, che non permette corridoi umanitari per portare cibo e medicinali (mai sanzionato per gli stessi bombardamenti), è utilizzato come arma: si uccide la popolazione per fame, la fame e la epidemie come armi d’assedio, un crimine di guerra abominevole! Ancora una guerra tra potenze mondiali ( U.S.A., che vorrebbe indebolire l’Iran e la contrapposta Russia, alleata dello stesso Iran sciita). Ma di tutto questo, che ne sapeva la piccola Amal, che ne sapevano tutti quei bambini che sono morti per una guerra non loro, che volevano solo vivere per giocare ed essere felici. No quest’anno Amal e gli altri a Natale non ci saranno!
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Si approssima il Natale. Feste, luci, cibo sprecato, ostentata felicità usata da anni per mascherare/archiviare/rimuovere vecchie preoccupazioni… Nel Vangelo di Luca viene riportato l'episodio che tutti conosciamo e denominiamo come “annunciazione” (Luca cap. 1 da verso 26 a 38), ovvero il messaggio della natalità da parte dell'angelo (Gabriele) a Maria di Nazareth. Una scena descritta e rappresentata, nella storia del mondo occidentale, in tutte le maniere ed espressioni possibili. Tuttavia una attenta esegesi del testo lucano, consente l'emergere di particolari che già da tempo sfuggono a lettori preoccupati più delle implicazioni storico / pragmatiche dell'evento che piuttosto del suo reale significato biblico. A Maria viene rivelata una “strategia” dalla portata cosmica, universale. Una decisione che Dio ha preso ab eterno: occorre liberare l'umanità, riscattarla da quel male che ne ha definitivamente alterato la sua originaria destinazione di un essere inserito in perfetto equilibrio con la natura, pronto ad accogliere ed assecondare tutte le sue esigenze, allo scopo di concorrere in modo decisivo alla conservazione di tutto il creato, dono irripetibile dell' azione divina. È già nel semplice saluto di Gabriele a Maria, da una attenta esegesi del testo, che si rendono evidenti in maniera completa e definitiva i piani di Dio per la salvezza dell’umanità. Si tratta di un saluto emblematico, capace di attraversare i tempi, di proiettarsi su ogni semplice credente. Gabriele prorompe nella vita della giovane Maria (aveva circa 12 o 13 anni) in Galilea, a Nazaret. Già qui si evidenzia qualcosa di sorprendente, perché a differenza del passato, una tale “manifestazione escatologica”, dalla portata cosmica, non avviene in un ambito cultuale, all’interno del tempio, resa a un sacerdote…, tutt’altro, siamo nella umile casa di una umile ragazzina! Dio si manifesta dove e a chi vuole! L’evangelista Luca in un solo verso ( il verso 27 ) passa a descrivere doviziosamente lo “status” esistenziale di Maria: era vergine, fidanzata con un certo Giuseppe di discendenza davidica. Informazione non da poco. Innanzitutto perché viene sancita la discendenza, a mezzo della figura di Giuseppe, davidica di Gesù . Maria, invece, “sembra” appartenere a una discendenza levitica. Era “vergine” (chiaro riferimento a Isaia 7;14 ). Solo dopo un anno la fidanzata “veniva portata a casa” del suo uomo, sino ad allora ella resta nella casa paterna, sotto la potestà paterna, ma è già equiparata ad una donna sposata, in caso di adulterio, veniva trattata come una donna sposata. Contrariamente alla interpretazione sommaria, Gabriele non “appare” lei “all’improvviso in casa di Maria ma “entra” da lei (così come al verso 20 “parte da e non scompare... ). Si tratta, quindi, di un procedere famigliare di Gabriele, senza suscitare nessun particolare tremore, semmai stupore. Ma veniamo all’emblematico saluto (verso 28): “TI SALUTO, PIENA DI GRAZIA, IL SIGNORE È CON TE”. “Piena di grazia” (kekaritomène) - “hai trovato grazia presso Dio” ( vedi verso 30 ), è un saluto usuale greco, composto da un appellativo e un detto di benedizione, ciò non implica il riconoscimento di una dignità personale, di una vita giusta, qui (così come in Ebrei 4;16) assistiamo all’effetto della libera azione di grazia intrapresa da Dio. Siamo certi, anche, che si esclude, con queste parole, la “concezione immacolata di Maria”, questa interpretazione la dobbiamo soltanto alla “penetrazione (H. Schurmann)” della fede della Chiesa dei primi secoli (protocattolicesimo!). Il saluto si conclude con un appello espresso come un desiderio: “il Signore è con te”. (o kyrios metà sù). È una affermazione fondamentale del patto veterotestamentario (del Vecchio Testamento), del patto davidico. Con questa espressione si intende riconoscere l’azione di un Dio che si rende presente personalmente presso la persona salutata. Lasciarsi penetrare dal messaggio della natalità, implica la fede nell’azione della libera grazia di Dio nei nostri confronti. Vive il Natale soltanto colui / colei che si sente oggetto della grazia divina, senza per questo stimarsi il destinatario/a di una “particolare” attenzione. Rimaniamo ciò che siamo, con le nostre debolezze, i nostri errori, nella nostra piena umanità ma, a differenza di chi non è disposto a credere, ci sentiamo coinvolti e protagonisti di una “strategia” della salvezza, capace di agire sul nostro vissuto, perché vuole cambiarci e destinarci a una nuova esistenza. Vive il Natale soltanto colui / colei che crede fermamente possibile la presenza divina presso di se. Una presenza discreta eppure avvertibile. Una presenza disponibile ad ascoltare le nostre angustie, le nostre perplessità... Una presenza disposta ad accompagnarci con discrezione per tutta la nostra esistenza. Il verso 29 è parte integrante del saluto di Gabriele. La reazione di Maria non maschera lo sconcerto nell’udire parole così piene di promesse, tuttavia ella non si spaventa affatto bensì inizia una intima e tranquilla riflessione, segno di una spiritualità assennata. Solo colui / colei che si lascia coinvolgere personalmente dalle promesse divine, dal piano strategico di salvezza divino, e che si rende disponibile a far emergere dal proprio intimo una spiritualità, forse mai riconosciuta, sta vivendo il messaggio natalizio nella sua pienezza e sincerità. di Giuseppe Verrillo dal Notiziario "Evangelica Oggi" N. 6 , novembre-dicembre 2018 SINDROME DA LOTTERIA. È questa la definizione, in parte scientifica, con cui si intendono definire quelle persone che, con un comportamento compulsivo, si affidano al gioco d'azzardo. Il fenomeno, forse vecchio quanto l'umanità , di sicuro oggi coinvolge vecchi e giovani. È sotto gli occhi di tutti la vera e propria “folla” che si registra presso le sale “gioco” o gli esercizi commerciali autorizzati al “gioco del lotto”. D'altra parte sappiamo anche, questo suona come una beffa oltre che dolorosamente ironico, che una della maggiori entrate fiscali per gli Stati, in primo il nostro, viene proprio dal gioco d‟azzardo. Non solo, è recente la notizia, tra vari esempi, che per le iscrizioni dei propri bambini agli asili statali occorre superare un “sorteggio”… Insomma lo Stato legalizza in pieno l'azzardo, non ha nessuna remora di carattere etico nell'affidarsi alle sue regole. L'aspetto reale e crudele è ben altro: migliaia di povere famiglie ridotte in povertà, semplicemente perché uno dei genitori, se non addirittura entrambi, non esita a giocarsi l'intero stipendio di un mese, facendo mancare il necessario. Il passaggio successivo, di solito, è quello di finire nelle mani degli usurai che applicano interessi anche del duecento per cento. Insomma non c'è nulla di ludico nella “sindrome da lotteria”, non è un gioco, non lo è mai stato, non a caso la Bibbia (per parlare del solo ambito ebraico – cristiano ) lo condanna fermamente. Non c'è nessuna teorica psicoanalitica che possa giustificarlo, lo può spiegare in termini psicologici ma di certo non giustificare. Nessuno ha il diritto di privare del necessario le persone più care, semplicemente vorrebbe dire che di “caro” si ritiene solo il gioco non di certo i propri famigliari. Inoltre lo Stato aiuta poco... occorrerebbe sanzionare e perseguire con decisa risoluzione il gioco d'azzardo, viceversa, invocando il diritto alla libertà dei propri cittadini, esso è normato ma sostanzialmente legalizzato. Viene spontaneo chiedersi: quale diritto ha un genitore di privare del necessario i propri figli pur di soddisfare un suo intimo desiderio, ovvero dove inizia e finisce la sua libertà nei confronti dei suoi doveri verso i propri figli. Molti affermano che l'aumento indiscriminato del gioco d'azzardo nelle nostre società occidentali costituisce il compenso ad una diffusa precarietà di certezze. Una società insicura, in relazione al suo futuro e a tutte le dinamiche sociali che la caratterizzano, è convinta di vedere realizzato il proprio destino affidandosi all'azzardo. In parole povere ciò che sembra non poter essere realizzato a mezzo di programmi concreti a lungo termine (carriera , guadagno, investimenti esistenziali etc… ), data la enorme precarietà dei tempi che viviamo i quali non consentono certo di "ipotecare" il futuro, si ritiene di vincolare quest'ultimo a mezzo dell'azzardo. La sfida per vincere la "sindrome da lotteria" non è da poco, sarà sempre più difficile e quasi irrealizzabile. Occorrerebbe che l'umanità occidentale si rendesse consapevole del ruolo che si è voluta costruire nel mondo: un ruolo di avanguardia in termini economico/scientifici, che richiede l'assunzione di una buona dose di responsabilità verso tutto il rimanente dell'umanità, anche se quest'ultima viene costretta sempre di più al ruolo di semplice spettatore in attesa di ricevere gli avanzi. Viceversa l'uomo occidentale è latore di una sostanziale “immaturità", fatta di precarietà, fluidità (Bauman), incoerenza etica …, per cui come sperare in una intima coerenza capace di bandire ciò che non promuove la propria dignità, nell'intento di proporla quale esempio per le generazioni future. di Giuseppe Verrillo dal Notiziario "Evangelica Oggi" N. 5 , settembre-ottobre 2018 |
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Novembre 2018
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